E' stato assegnato il Premio letterario della Resistenza Città di Omegna 2008 a Boris Pahor per il suo libro Necropoli.
Lo scrittore sloveno triestino Boris Pahor è nato il 28 agosto 1913. Laureatosi in lettere all’Università di Padova si dedicò all’insegnamento della letteratura italiana nelle scuole medie superiori slovene di Trieste, affiancando all’insegnamento e alla scrittura anche un forte impegno civile.
Nel periodo del secondo conflitto mondiale ha conosciuto l’orrore dei campi di concentramento nazisti, dove venne tragicamente deportato per aver collaborato con la resistenza antifascista slovena. L’esperienza della politica snazionalizzatrice del fascismo e dei campi di concentramento occupano un ruolo importante nella sua vasta opera letteraria, che comprende più di trenta libri e per la quale è considerato tra i maggiori scrittori sloveni viventi.
Da vari anni viene tradotto nelle principali lingue europee, ma in Italia e tra i suoi concittadini di lingua italiana la sua opera appare ancora poco nota, ad eccezione di tre libri recentemente tradotti e pubblicati. (Fonte: sito della Camera di Commercio di Trieste).
Nel periodo del secondo conflitto mondiale ha conosciuto l’orrore dei campi di concentramento nazisti, dove venne tragicamente deportato per aver collaborato con la resistenza antifascista slovena. L’esperienza della politica snazionalizzatrice del fascismo e dei campi di concentramento occupano un ruolo importante nella sua vasta opera letteraria, che comprende più di trenta libri e per la quale è considerato tra i maggiori scrittori sloveni viventi.
Da vari anni viene tradotto nelle principali lingue europee, ma in Italia e tra i suoi concittadini di lingua italiana la sua opera appare ancora poco nota, ad eccezione di tre libri recentemente tradotti e pubblicati. (Fonte: sito della Camera di Commercio di Trieste).
Necropoli. Campo di concentramento di Natzweiler-Struhof sui Vosgi. L'uomo che vi arriva, una domenica pomeriggio insieme a un gruppo di turisti, non è un visitatore qualsiasi: è un ex deportato che a distanza di anni è voluto tornare nei luoghi dove era stato internato. Subito, di fronte alle baracche e al filo spinato trasformati in museo, il flusso della memoria comincia a scorrere e i ricordi riaffiorano con il loro carico di dolore e di rabbia. Ritornano la sofferenza per la fame e il freddo, l'umiliazione per le percosse e gli insulti, la pena profondissima per quanti, i più, non ce l'hanno fatta. E come fotogrammi di una pellicola, impressa nel corpo e nell'anima, si snodano le infinite vicende che parlano di un orrore che in nessun modo si riesce a spiegare, ma insieme i tanti episodi di solidarietà tra prigionieri, di una umanità mai del tutto sconfitta, di un desiderio di vivere che neanche in circostanze così drammatiche si è mai perso completamente. (fonte http://www.ibs.it/)
Dopo Saviano, che aveva segnato una certa svolta, la Giuria torna dunque alla tradizione del Premio, inteso come destinato ad opere che parlano direttamente degli eventi legati alla Seconda Guerra Mondiale.
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